Ora a diciassette anni lo incontrò di nuovo a una festina a Sarginesco, complice il grammofono di lui. Che lei conserva ancora. Perché, a questo punto della storia, i due ragazzi si sposano e lei si trasferisce a Sarginesco. Un viaggio a ritroso, strade che si ripetono. Qui nascono Raffaella e Pierangelo e Gregorio coltiva la terra degli altri.
Ma la Lina non è donna da fare la calza al calore del camino e quando per vicende familiari - lo zio Giuseppe, forse geloso, aveva tolto la cucina a moglie e fratello per darla ad altri- il padre la richiama ai Quattro Venti, lei non esita e ritorna da lui.
A Sarginesco restano i bambini col papà e la zia Rosa, la maestra che, anche lei, aveva una storia dolorosa alle spalle. Era successo che la famiglia del marito, ricco ingegnere minerario nonché proprietario della corte Mainolda avesse preteso di gestire il salario della sposina - eh sì le coincidenze si ripetono come in un prisma – lei, indipendente e fiera, era tornata dai suoi. Ora, a sessant’anni, fa da mamma ai pronipoti e più tardi, restata vedova ed erede dell’ingegnere, sarà lei a trasmettere loro l’immobile.